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Morrovalle, nuova sezione archeologica a Palazzo Lazzarini

Morrovalle, nuova sezione archeologica a Palazzo Lazzarini
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A Morrovalle è stata inaugurata la nuova sezione archeologica del Museo-pinacoteca di Palazzo Lazzarini.

I reperti esposti provengono dalle due aree archeologiche rinvenute nel 2019 nel territorio comunale, durante gli scavi della Società Gasdotti Italia S.p.a per la realizzazione del metanodotto San Marco-Recanati.

Per questo, dopo la cerimonia inaugurale, , si è svolto un dibattito su “Archeologia a Morrovalle. Dallo scavo alla musealizzazione”.

Per i saluti sono intervenuti il sindaco di Morrovalle Stefano Montemarani, il presidente della Regione Francesco Acquaroli, la presidente dell’Archeoclub Morrovalle Nazzarena Acquaroli, l’assessore comunale a Cultura e Turismo Valentina Salvucci, il presidente dell’Archeoclub d’Italia Rosario Santanastasio.

Sono seguiti altri interventi più specifici di Paolo Alessio, direttore tecnico della società Gasdotti Italia, Stefano Finocchi della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, Roberto Perna, docente di Archeologia classica a Unimc, Stefano Coccia e Isabella Piermarini della Società Cooperativa Archeologia.

Ha condotto l’incontro il giornalista e scrittore Adolfo Leone, mentre in sala erano presenti anche tutta la giunta comunale, gli archeologi che hanno partecipato agli scavi e il conte Antonio Lazzarini.

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Andrea Staffolani, Francesco Acquaroli, Stefano Montemarani, Benedetto Perroni, Valentina Salvucci

La prima area archeologica scoperta a Morrovalle nel 2019 si trova in contrada Burella. Sono state portate alla luce sepolture di una necropoli Picena con presenza di elementi di corredo funerario, inquadrabili tra la fine del VII e il VI secolo a.C..

La seconda è in località Borgo Santa Lucia, dove sono stati trovati resti di epoca romana, in particolare reperti che confermano la presenza nelle vicinanze del Fanum Apollonis.

Dopo un  anno e mezzo di studi e restauri, curati dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, in collaborazione con la Cooperativa Archeologia, con il supporto del Comune di Morrovalle e la collaborazione dell’Archeoclub locale e di Unimc, si è arrivati all’inaugurazione.

E’ il coronamento di un percorso di archeologia preventiva nato dalla sinergia di tutti gli attori coinvolti.

Due le sale espositive con i reperti, corredate da pannelli esplicativi con testi e immagini.

A supporto dell’esposizione anche una sala immersiva, dove il visitatore potrà vedere, con la realtà aumentata, le aree in corso di scavo e le ricostruzioni in 3d delle sepolture.

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“Questo giorno rimarrà nella piccola storia del nostro comune – ha sottolineato il sindaco Stefano Montemarani –. La storia di Morrovalle, che finora conoscevamo per il suo aspetto medioevale, si arricchisce quindi di due capitoli che andranno approfonditi, perché abbiamo fatto parte anche di due grandi civiltà del passato. Si potrebbe pensare che gli studi archeologici siano solo per gli addetti ai lavori, ma io non la penso così. Il momento di crisi che stiamo vivendo è per me innanzitutto una crisi del soggetto, una crisi dell’uomo, che si è smarrito, è disorientato, ha perso certezze, ha perso valori, ha perso quelle evidenze che una volta facevano parte del nostro senso comune. E proprio l’andare a studiare le nostre radici, le antiche civiltà, può essere uno dei fili di Arianna che ci aiuteranno a uscire dal labirinto in cui ci siamo cacciati”.

“Sono felice che queste scoperte possano rappresentare anche un’attrattiva turistica – ha aggiunto il presidente della Regione Francesco Acquaroli –, ma devono rappresentare soprattutto uno stimolo a cercare di capire sempre di più quella che è la nostra storia, che molto spesso neanche noi riusciamo a comprendere in profondità.  Poi anche da assessore al Turismo mi sento di dire che cercheremo di creare circuiti legati al paesaggio, alla storia medievale dei nostri borghi, al mare, alla montagna, alle peculiarità enogastronomiche, ma anche circuiti legati all’archeologia, perché girando il nostro territorio scopriamo una serie impressionante di siti, che fanno della nostra regione una regione ricchissima”.

Ha parlato di un piccolo grande sogno che si realizza l’assessore Valentina Salvucci: “Sono una archeologa mancata, per cui quando nel 2019 ho saputo di questi rinvenimenti e ho fatto un’esperienza di scavo per me è stato assolutamente emozionante. Come Comune poi ci siamo inseriti e abbiamo cercato di fare in  modo che questi reperti rimanessero a Morrovalle, cosa non scontata. Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza abbiamo quindi avviato questo progetto, che va ad arricchire il nostro museo, la nostra città e l’offerta turistica. C’è grande soddisfazione per il risultato finale, frutto della sinergia di tutti i soggetti che hanno partecipato”.

L’importanza dell’archeologia preventiva nella realizzazione di grandi opere come il metanodotto è stata affrontata dall’ingegner Paolo Alessio della Gasdotti Italia e dai tecnici della società Cooperativa Archeologia.

Poi sono stati il Stefano Finocchi e Roberto Perna a parlare della rilevanza dei reperti rinvenuti.

“Prima del 2019 – ha spiegato Stefano Finocchi, riferendosi ai reperti di epoca picena – non c’era cognizione di una presenza così antica nel territorio. Tra la fine del VII secolo e l’inizio del VI secolo a. C. la comunità picena era già strutturata in modo gerarchico con una livello sociale che prevedeva una verticalità. E questo possiamo dirlo perché nella necropoli abbiamo scoperto delle sepolture monumentali, in cui il defunto che ricopriva ruoli specifici nella comunità è sepolto al centro e isolato dal resto, come a voler dividere il sacro dal profano. Inoltre i corredi funerari testimoniano rapporti con altre civiltà del Lazio, dalla Sabina, del Tirreno, il controllo della viabilità e delle merci”.

“Io credo che le informazioni che arrivano da questi scavi sono fondamentali – ha continuato Roberto Perna –. Abbiamo ritrovato il Fanum appollonis, un deposito votivo, dove sono stati lasciati e deposti materiali votivi appunto. Ed è importante perché è da questi materiali che capiamo il culto. Noi dobbiamo pensare al culto nel mondo antico in maniera diversa ad oggi: il culto era parte integrante della comunità, quindi capire il culto significa capire come le comunità percepivano se stesse. I romani quando sono arrivati in questo territorio, già popolato e articolato, hanno individuano il culto per trasformarlo dal punto di vista sociale e politico. Il Fanum nasce quindi per trasformare la precedente comunità, e in questo senso i rinvenimenti ci danno elementi fondamentali per capire come questo territorio sia stato trasformato tra il III e il II secolo a. C.. Chi abitava qui è diventato romano, ma se vogliamo un romano diverso dai romani di Roma, è stata una trasformazione biunivoca, come tutte le trasformazioni. La comunità picena era composta  soprattutto da pastori e guerrieri, quindi era legata alla transumanza e non aveva forti insediamenti stabili. I romani hanno portato un’economia diversa, agricoltori che hanno imposto ai precedenti pastori un modo diverso di gestire il territorio”.

Dopo il dibattito, gli intervenuti hanno visitato le sale espositive guidati dagli archeologi dello scavo.

Le visite per il pubblico, con le guide dell’Archeoclub, proseguiranno settimanalmente nei giorni di sabato e domenica dalle 16 alle 19.

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