Mondo dell’arte e dello sport in lutto per la scomparsa di Nazareno Rocchetti, 78 anni, originario di Filottrano, da molto tempo cittadino di Cingoli.
Poliedrico artista, si è confrontato con varie forme d’arte, in particolare pittura e scultura. Intorno alla sua casa a Cingoli ha creato il suo Giardino dei sogni, una vera galleria all’aria aperta.
Spesso era presente a eventi artistici e sportivi, anche con delle sue performance.
Nello sport è stato protagonista di storie e risultati insieme ad atleti leggendari, in quanto fisioterapista della Nazionale di atletica leggera e di altre discipline. Non solo, grandi campioni trovavano in Nazareno Rocchetti un sincero amico e confidente.
A ricordarlo è il giornalista e scrittore Maurizio Verdenelli.
All’inizio fu un errore tipografico a dividerci e poi unirci. Mi telefonò al solito infuriato/entusiasta: “Mi chiamo Nazareno con una erre sola, Nazareno Rocchetti”.
Me ne sono ricordato quando prima di questa maledetta volta, ora, l’ho citato in relazione alla morte di un suo grande, leggendario amico: Nino Benvenuti.
Tutti i grandi dello sport italiano erano prima di tutto suoi grandi amici. Nino, Mennea, Gelindo e tanti altri ancora.
Di Benvenuti conservava religiosamente, reliquia laica, il manicotto intriso del sangue versato dal grande pugile sul ring del Madison Square Garden di New York nel primo, selvaggio match che il 19 aprile 1967 tenne in piedi tutta l’Italia e consegnò a Benvenuti il titolo mondiale dei Medi strappato ad Emil Gtiffith.
Glielo fece vedere, il manicotto (ero presente) Nazareno a Nino un giorno a Fermo, allorchè il campione e maestro di karate Remo Grassetti organizzò un incontro cui era presente tra gli altri un altro grande campione della boxe, Rocky Mattioli. E Rocky era un pò il nome d’arte di Rocchetti dalla stretta di mano da…urlo.
Nazareno lo conobbi di persona nella ‘sua’ Cingoli dove ogni inizio estate il collega carissimo Gianfilippo Centanni organizzava un premio per lo sportivo dell’anno insieme con un popolare albergatore cittadino.
Con lui c’era un giovane veneto. Me lo presentò: era Gelindo Bordin. Sarebbe diventato olimpionico della maratona ed anch’egli leggenda sportiva.
Gelindo era particolarmente legato a Rocky. Ospite spesso nella sua villa immersa nella campagna. Cosi un giorno si presentò in comune a Cingoli proponendo di tradurre in inglese in onore a Rocky la località.
Bordin, il campione, fu naturalmente festeggiato, la pratica doverosamente avviata e …respinta.
Quando parlava di Mennea, dei suoi prodigiosi sforzi per superare financo sé stesso inseguendo nuovi impensabili record, Nazareno si commuoveva.
“Il dolore fisico era così forte che aveva bisogno di fisioterapia e massaggi anche nel cuore della notte ed io dormivo con lui. Anche a Città del Messico quando diventò il detentore di un primato extragalattico sui 200 che per anni ed anni avrebbe resistito”.
Tra le atlete superstar seguite, Rocky pur apprezzando enormemente Valentina Vezzali, non poteva negarsi (me lo confessò ad un incontro pubblico a Macerata nel settembre del 2020) una spiccata simpatia personale per Giovanna Trillini. Fermo restando che di entrambe le campionesse olimpiche jesine era il fedelissimo massaggiatore.
Per Rocky, dopo lo sport e la determinante assistenza ad Ulderico Lambertucci nel raid Treia/Macerata – Pechino nel nome di Padre Matteo Ricci, ci furono altre grandi avventure.
Le sue grandi, fortissime mani furono quelle di un artista proteiforme: scultore (il Cristo dal Balcone delle Marche) e pittore (tanti quadri suoi in tante gallerie).
L’ultima volta? Allo stadio maceratese quando una sera si festeggi la Maceratese in serie C. Arrivò recando con sé un grande olio: al centro i colori del fuoco, il suo elemento preferito, inestinguibile. Fino ad oggi. Addio, Rocky.
Maurizio Verdenelli
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