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Dario Gattafoni, il rigoroso cronista che amava la sua Civitanova

Dario Gattafoni, il rigoroso cronista che amava la sua Civitanova
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E lo ricordo ancora Dario Gattafoni. Legatissimo alla ‘sua’ Civitanova Marche in cui si muoveva da re, pur lui prudentissimo ed attento nell’istruttoria – così la definiva – che lo avrebbe condotto alla scrittura dell’articolo.

‘Nessuna fuga in avanti’ frenava a riguardo dell’attendibilità o meno delle notizie, mentre io incessante lo sollecitavo alla loro rapida, fors’anche troppo rapida, completezza. Ma c’era una concorrenza da battere giorno per giorno.

Un (brutto) giorno la concorrenza ce lo portò via, come avrebbe fatto prima con Sandro Stacchietti, Alessandro Feliziani e molti altri. Ma era normale. Il Messaggero a Macerata aveva creati, aprendo le porte, una piccola grande scuola siciliana.

Dario Gattafoni
Dario Gattafoni (primo a sx) in una foto degli anni 80 con i colleghi de Il Messaggero

Giovani che poi si sarebbero fatti strada: penso a Maria Grazia Capulli, Emanuela Fiorentino, Fulvio Fulvi, Rosalba Emiliozzi, Andrea Barchiesi, Simona Marini, Luca Patrassi, Ermanno Calzolaio, Elisabetta Mascellani, Guido Garufi, Gabor Bonifazi, i parlamentari Luciano Magnalbo’ e Mario Cavallaro, accanto ai ‘veci’ Giancarlo ‘Titi’ Pantanetti, Giuseppe Pioli, i cirrispondenti Luigi Avi (Camerino), Piero Ciarapica (Tolentino), Asterio Tubaldi (Recanati) e il mitico fotoreporter Pietro ‘Briscoletta’.

Corrispondente da Civitanova, primo tra i carissimi Domenico Bartolini, Lorena Cellini, Mario Pacetti, era appunto il bravissimo, rigoroso Dario Gattafoni. Direttore pure e soprattutto di una radio locale. Per lui il varco professionale si aprì meritatamente con l’investimento, voluto dal direttore Vittorio Emiliani (da Urbino) sull’edizione Marche.

Dario Gattafoni
Dario Gattafoni in un disegno di Arsenico (Arsenio Telloni)

Fu la grande ‘primavera’ del giornale, formato mezzo elefante, che per la prima volta in assoluto prendeva ogni giorno in esame cronaca grande, media e piccola dei maggiori centri provinciali marchigiani. Con tanto di testata permanente per ognuno di essi. Fu un successo. E Dario fu degli artefici.

Ricordo un premio che gli aveva attribuito il consorzio degli industriali calzaturieri al termine di servizi da lui redatti magistralmente. Eravamo a metà degli anni 80.

Qualche anno prima Dario – lo ricordava spesso – si era illustrato con la cronaca del fatto principale di sangue mai vissuto da Civitanova dal dopoguerra: l’uccisione del maresciallo dei Carabinieri Sergio Piermanni sul piazzale della stazione Fs.

Dario fu svegliato dalla raffica di mitra del brigadiere Angelo Albanesi che eliminò i tre della banda Alè, i tre killer dell’eroico sottufficiale.

‘Fui svegliato da un rumore che mi sembrò quello di una canna di ferro battuta consecutivamente contro i sostegni della barriera di un terrazzo”, ricordava quell’alba tragica Gattafoni, che abitava proprio sopra la scena del crimine.

Il sacrificio dell’Arma, che quella notte pagò un alto prezzo di sangue tra Porto San Giorgio e Civitanova Marche (due morti e due feriti gravissimi, tra questi ultimi il futuro Generale Rosario Aiosa, Medaglia d’Oro al Valor Militare proprio per quei fatti) valse a bloccare la malavita organizzata sulla costa marchigiana.

Per Dario significò pure un rapporto di grande vicinanza con la Benemerita che l’ha accompagnato poi sempre nella sua militanza attiva di cronista.

Dario Gattafoni
Dario Gattafoni

Averlo con me, è stato bellissimo. Ogni mattina puntuale in redazione: andata e ritorno Civitanova-Macerata. Non avrebbe mai lasciato per nessun motivo al mondo la ‘sua’ Civitanova. E lo ricordo sul limitare della soglia del mio ufficio per annunciarmi che un altro giornale gli aveva fatto una proposta non rifiutabile.

Il Messaggero maceratese era stato una grande vetrina, ed in fondo era giusto così. Molto mi dispiacque, com’era naturale per la qualità rara e l’estrema serietà del giornalista. Tuttavia sapevo che per lui si trattava di un ritorno dopo un’iniziale collaborazione, anni prima.

Ero a conoscenza della sua malattia ed ho sperato in silenzio. E mai avrei voluto scrivere queste righe di ricordo.

Caro Dario, ti sia lieve la terra.

Maurizio Verdenelli

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